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Una luce accesa di notte può sconvolgere il metabolismo

Chi frequenta il mio blog e i miei social sa che questo argomento non è inedito e che nutro un forte interesse nel parlarne. La motivazione riguarda la scarsa presenza nella divulgazione scientifica degli esiti di studi come questo e, quando anche vengono trattati, non sono rimarcati come dovrebbero vista la rilevanza che hanno sulla nostra salute. Infatti, per chi legge ogni settimana aggiornamenti sul rapporto tra luce, sonno e malattia non è nulla di nuovo o sorprendente quanto sto per raccontarvi, ma per chi non è solito confrontarsi con queste tematiche troverà materiale per stupirsi e, eventualmente, modificare certe abitudini.

Devo comunque ammettere che questa ricerca ha raggiunto molte più fonti online del solito rispetto al resto del suo filone, ma non i canali più diffusi di informazione. Se ve la siete persa, ecco qui la mia esposizione e il mio commento, oltre a qualche piccolo utile consiglio da darvi per proteggersi dalle luci notturne.

L’intento dei ricercatori era di valutare come una luce fissa in una stanza mentre si dorme potesse interferire con il sonno e con altri processi fisiologici. Il tipo di luce che hanno utilizzato nello studio è una luce artificiale a due diverse intensità: la prima era di meno di 3 lux (simulando una luce naturale, come quella riflessa dalla luna piena), l’altra era di 100 lux (assimilabile alla luce diffusa di una TV o di un abat-jour).

20 giovani in salute e dalle abitudini alimentari simili sono stati reclutati per lo studio ed equamente distribuiti a due notti consecutive in una camera dotata della luce fioca (3 lux) oppure a una prima notte con tale luce e la seconda con la luce più intensa (100 lux). Durante la loro permanenza nelle stanze, mentre dormivano, venivano raccolti i dati relativi a svariati parametri metabolici e cardiovascolari per monitorare i cambiamenti organici che avvenivano per ciascuna nottata.

Le differenze tra i due gruppi di ragazzi sono state eloquenti. Chi aveva dormito la seconda notte nella stanza illuminata ha subito la mattina successiva un aumento del 15% dell’insulino-resistenza, un parametro che riflette la capacità di metabolizzare il glucosio. Un aumento di questo valore implica, tra le altre cose, una maggiore difficoltà nell’utilizzo delle riserve energetiche, su tutte il grasso corporeo e, quindi, contrasta un eventuale dimagrimento. Anche se non può essere osservato dopo una sola notte, l’insulino-resistenza protratta nel tempo conduce a iperglicemia e, infine, al diabete.

Durante il sonno, invece, si è registrato un aumento del battito cardiaco e della sua forza: questo è dovuto all’attivazione del sistema nervoso ortosimpatico, che ha come obiettivo quello di mantenerci sempre in allerta, cosa che naturalmente mentre dormiamo costituisce un controsenso (dovrebbe invece essere attivata la sua controparte, il sistema parasimpatico). La luce, infatti, confonde il nostro cervello, che “sente” l’ambiente illuminato attraverso le palpebre chiuse, le quali non sono completamente impermeabili alla luce, e ci fa credere di essere ancora in ore diurne, rendendoci vigili nonostante il sonno. Il nostro organismo sostanzialmente non sa più che pesci prendere. L’aumento del battito cardiaco e della sua intensità ovviamente possono nel tempo portare a problemi cardiovascolari.

Infine, coloro che dormivano alla luce intensa hanno avuto un’inflessione nella percentuale di tempo passato in fase REM, il che suggerisce un cambio nella struttura del sonno, nonostante le persone riferissero di aver dormito comunque bene. Il problema non è solo che probabilmente queste persone avranno sognato di meno, ma soprattutto che la qualità del loro sonno si è alterata, riposando peggio e limitando la capacità rigenerativa del corpo durante le ore notturne.

Anche se lo studio che vi ho presentato ha utilizzato un campione limitato di persone, i risultati sono importanti dal momento che è stata valutata una singola notte di illuminazione. Cosa succede al nostro corpo e al nostro metabolismo quando per abitudine dormiamo in queste condizioni per giorni, mesi, anni? Questo lavoro non può rispondere direttamente, ma se incrociamo questi dati da quelli che ci provengono da altri studi simili precedenti, che allertano in continuazione che la luce artificiale notturna è un vero fattore di rischio per obesità, diabete, malattie cardiovascolari e molte altre, forse un’idea ce la potremmo fare e, grazie a questo studio, potremmo darne anche una spiegazione. Per questo è fondamentale curare questo aspetto per la nostra salute e per le sue ripercussioni in ambito nutrizionale.

Adesso veniamo alla parte pratica: come gestire dunque l’illuminazione quando dormiamo?

La risposta più scontata che verrebbe in mente è di coricarsi nel buio più totale, il che è assolutamente corretto, ma non sempre questo dipende da noi. Se potete gestire voi la luce che penetra nella stanza nella quale vi addormentate, seguite questi consigli:

  1. Spegnete tutte le luci artificiali, anche quelle fuori dalla camera per evitare diffusioni;
  2. Controllate che non siano presenti lucine di stand-by o di ricarica e, se presenti, fate in modo di escluderle (togliendo l’alimentazione, coprendole con un oggetto ecc.);
  3. Preoccupatevi di non fare entrare la luce esterna dei lampioni abbassando completamente le tapparelle o chiudendo le persiane e fate lo stesso con i tendaggi;
  4. Fate infine questo test: state qualche minuto nella stanza così oscurata e abituatevi al buio, se a questo punto riconoscete gli oggetti che stanno intorno a voi significa che penetra ancora troppa luce.

Laddove non possiate o non riusciate a fare di meglio o non controllate voi l’illuminazione dell’ambiente nel quale vi trovate (per esempio in hotel), l’unica soluzione valida è quella di acquistare delle mascherine da notte e coprirvi gli occhi. Non sono particolarmente fastidiose e sono molto pratiche anche per viaggiare.

[Fonte: “Light exposure during sleep impairs cardiometabolic function”, I.C. Mason et al., PNAS, 14 marzo 2022; DOI: https://doi.org/10.1073/pnas.2113290119]

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