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Il fruttosio induce la produzione di grassi
  • Categoria dell'articolo:Carboidrati / Zuccheri
  • Tempo di lettura:5 minuti di lettura

Torniamo a parlare di alimentazione e questa volta mi avvalgo di uno studio di intervento (o trial in inglese) che non fa che confermare la pericolosità dell’eccesso di zuccheri nella dieta. Quotidianamente, consumiamo diversi tipi di zuccheri semplici come il glucosio libero in alcuni alimenti, il fruttosio contenuto nella frutta, il saccarosio (glucosio + fruttosio) che è il comune zucchero da tavola, e molti altri in quantità minore. Se nel nostro regime alimentare limitassimo i dolci il più possibile, come indicano le “Linee Guida per una sana alimentazione” italiane (“meno è meglio” titola il relativo paragrafo), gli zuccheri semplici non costituirebbero un rischio per la nostra salute. Spesso capita purtroppo che i consumi di questa categoria di sostanze risultino eccessivi quasi inconsapevolmente, a causa di prodotti acquistati senza controllare la lista degli ingredienti che “nascondono” enormi quantità di zuccheri al loro interno. Fra questi, dobbiamo citare le bevande zuccherate (bibite e succhi per esempio), che contengono fruttosio aggiunto o sciroppi di glucosio/fruttosio o saccarosio. Il principale imputato degli effetti nefasti sul metabolismo è però il fruttosio, con diversi studi in letteratura che dimostrano come eccessi di questo monosaccaride alterino la gestione dei lipidi nel fegato e diminuiscano la sensibilità all’insulina in fegato e muscolo.

Le bevande dolcificate sono dunque i protagonisti di oggi, grazie a questo esperimento realizzato su un campione di 126 giovani uomini per valutare l’impatto di un consumo giornaliero di bevande di questo genere sulla produzione epatica di grassi a prescindere dal contenuto calorico della dieta. I partecipanti sono stati suddivisi in quattro gruppi da 24 persone ciascuno: a uno è stato chiesto di assumere ogni giorno una bevanda addizionata di fruttosio, a un altro una bevanda contenente saccarosio, a un altro ancora una bevanda con glucosio e a uno di non assumere alcuna bibita nel periodo del trial. Il monitoraggio è durato sei settimane e durante questo tempo i soggetti dovevano continuare per il resto la loro normale alimentazione. Se è vero che in nessun gruppo si è registrata una variazione della sensibilità insulinica nel tessuto adiposo e generale (calcolando il cosiddetto indice HOMA), l’outcome primario del lavoro (ovvero la variabile principale che viene usata per l’analisi statistica, in questo caso la sintesi di lipidi dal fegato) si è invece modificata, e non di poco. I gruppi che assumevano bevande con fruttosio o saccarosio si sono visti addirittura raddoppiare la percentuale di grassi neo-secreti nel sangue sul totale di quelli presenti (calcolo effettuato dopo infusione di glucosio intravenoso, il quale induce il fegato a produrre nuovi lipidi) rispetto al gruppo di controllo e quello con bevande al saccarosio. Allo stesso modo, nei gruppi suddetti si sono avuti aumenti consistenti considerando anche la secrezione epatica assoluta di grassi (sempre dopo infusione di glucosio). Tutti i gruppi non hanno modificato sensibilmente il contenuto energetico della loro dieta rispetto a prima del trattamento ricevuto. Altri parametri metabolici non sono stati influenzati in maniera significativa.

Cosa significano questi risultati in concreto? I soggetti che assumevano ogni giorno per sei settimane bevande dolcificate con fruttosio o saccarosio avevano aumentato di circa il 100% la produzione epatica di grassi, un effetto decisamente allarmante, ma che, nel caso del glucosio come dolcificante, non si è verificato. Gli zuccheri utilizzati nelle bevande erano presenti alla concentrazione di 13,3 g/dl e in totale era previsto che i partecipanti bevessero una quantità tale da raggiungere 80 g al giorno dello zucchero corrispondente (oltre alla loro abituale dieta). Bisogna specificare che questa dose (13,3 g/100 ml) è simile a quella che troviamo nelle bibite più conosciute e vendute in Italia e nei succhi di frutta zuccherati, e che, diversamente da altri mercati esteri, nel nostro Paese l’industria delle bevande utilizza prevalentemente il saccarosio per dolcificare. Tuttavia, seppure sia difficile arrivare a consumare 600 ml/die di queste bevande (in occasioni normali se ne possono consumare circa 250 ml e una lattina contiene 330 ml) in maniera costante, è altrettanto vero che le fonti di zuccheri sono potenzialmente molte di più e gli autori della pubblicazione hanno dovuto operare questa opzione per facilitare l’intervento da studiare. Perciò, i risultati possono essere tranquillamente ricondotti a diete ad alto contenuto di zuccheri semplici al di là del consumo di queste bevande (che pure rimangono tra le fonti più a rischio per introdurre ingenti quantità di zuccheri senza rendersene conto). La aumentata sintesi di grassi che si è attestata dipende dalla capacità del fruttosio non solo di essere un forte substrato lipogenico nell’immediato, ma anche, come concludono i ricercatori, di avviare a più lungo termine un adattamento metabolico nel quale stimolare l’espressione di geni specifici per sostenere questa esagerata attività di produzione lipidica. La conseguenza di questo assetto acquisito potrebbe essere una più alta trigliceridemia post-prandiale e un accumulo di grassi nel fegato (steatosi epatica), fino ad arrivare al diabete in tempi più dilatati. Tutto questo, tra l’altro, senza cambiare il contenuto energetico della dieta dei partecipanti rispetto al momento del reclutamento, come detto più sopra.

È doveroso però anche precisare come in questo studio sia stato utilizzato zucchero in forma liquida (disciolta), che certamente ha una dinamica di assorbimento e disponibilità nell’organismo diversa da quella solida. Ancora una volta, comunque, il fruttosio e il saccarosio escono malconci da un esperimento, allungando la lista degli effetti deleteri che possono causare quando assunti in eccesso. Pertanto, insomma, è sempre bene fare attenzione a scegliere principalmente la frutta come fonte di zuccheri e limitare il consumo di altri prodotti dolci solo in poche occasioni.

[Fonte: “Fructose- and sucrose- but not glucose-sweetened beverages promote hepatic de novo lipogenesis: A randomized controlled trial”, Geidl-Flueck B. et al., Journal of Hepatology, 5 marzo 2021; DOI: https://doi.org/10.1016/j.jhep.2021.02.027]

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