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Non aprite quella griglia!
  • Categoria dell'articolo:Carne
  • Tempo di lettura:10 minuti di lettura

Almeno la metà dei miei pazienti, alla lettura nel proprio piano alimentare della raccomandazione di non grigliare carne e pesce, mi chiede puntualmente come mai ci tenga tanto a scrivere così. Per soddisfare la loro curiosità e per lasciare una spiegazione non troppo sbrigativa sul blog, ho deciso di scriverci un articolo completo.

Per essere fin dal principio chiari, quanto riporto di seguito riguarda naturalmente il ricorso frequente a questo metodo di cottura. Come per tutte le pratiche poco salutari, è questione di statistica: più l’abitudine è presente nella propria quotidianità, più probabili saranno gli effetti corrispondenti. Ciò non toglie che il corpo umano non conosce la teoria della probabilità e quindi ci possono essere eccezioni a questa regola. Di conseguenza questo articolo non intende minacciare l’annuale grigliata di Pasquetta, né il torrido barbecue di metà agosto, ma porgervi degli avvertimenti se la griglia di casa vostra viene usata tutte le settimane per arrostire carne, pesce, verdure e magari anche qualche fetta di pane a colazione.

Per prima cosa, specifichiamo cosa sia esattamente la grigliatura. Si tratta della cottura di un alimento a contatto con una graticola o una piastra rovente, attraverso cui il calore viene trasferito immediatamente, cioè in modo istantaneo e senza mediazione di un fluido (liquido o gas). “Alla griglia” è quindi sostanzialmente un sinonimo di “alla piastra”, ma non lo è di “in padella”, come qualcuno invece confonde. Questo perché la base della padella, per quanto trasferisca calore per contatto (per conduzione) al cibo, a sua volta trae l’energia termica (il calore) dalla fiamma sottostante, per cui ne deriva una cottura più dolce e graduale rispetto alla brutalità della griglia.

La differenza, apparentemente sottile, in realtà è decisiva: la superficie di una griglia o di una piastra raggiunge facilmente i 300°C, la padella difficilmente supera i 200°C. La presenza poi di un mezzo di cottura quando si riscalda in padella (olio, burro oppure semplice acqua) influisce sulla temperatura e ne cambia il tipo di cottura. Nel caso dell’acqua, la temperatura viene ridotta per esempio di diversi gradi rispetto alla cottura secca.

Questo preambolo tecnico è importante per capire come mai la grigliatura, pur assomigliando alla cottura in pentola, dal punto di vista salutistico sia un metodo peggiore. Anche se non esiste in assoluto una cottura che non causi alcun effetto negativo nella matrice alimentare, se volessimo identificare quella più alterativa dovremmo puntare il dito sulla piastra.

Il motivo principale che rende tossica la grigliatura è la formazione di composti molecolari cancerogeni durante la cottura. È probabile che alcuni nomi di tali sostanze vi siano già arrivati all’orecchio, dal momento che sono famosi e gli studi in proposito sono molteplici: acrilammide, acroleina, benzopirene ecc. Queste molecole si generano a partire da quelle presenti nell’alimento (come proteine o zuccheri) grazie alle altissime temperature toccate dalla piastra accesa. Cercando di non entrare eccessivamente nei dettagli scientifici, vi riporto un elenco delle principali conseguenze sul nostro organismo di alcune di queste sostanze (perché, a dire il vero, sarebbero ben più di un centinaio).

  • Acrilammide: è decisamente il composto più studiato, che ciclicamente viene riproposto dai media come pericolo pubblico. Si forma in ogni tipo di cottura ad alta temperatura, per cui anche in forno o friggendo, ed è responsabile del colore bruno della crosticina del pane o dell’imbrunimento della superficie della carne o del pesce. Non possiede certamente l’esclusiva in questo: fa parte di una serie infinita di composti che si generano dalle cosiddette reazioni di Maillard, che nell’insieme contribuiscono a conferire aromi e sapori tipici di queste cotture e che derivano da modificazioni a carico di carboidrati e proteine. Se ci piacciono queste fragranze, lo dobbiamo anche a lui, ma, come spesso accade, ciò che è buono sensorialmente non lo è dal punto di vista salutistico. Come è facile intuire, lo troviamo anche in prodotti consumati regolarmente quali il caffè tostato, i prodotti da forno e la pasta. L’acrilammide, una volta assorbita nel sangue, viene trasformata in glicidammide e questo derivato ha un’azione neurotossica, genotossica (ai danni del DNA), cancerogena e, forse, spermicida. In generale, come le altre che appartengono a questo elenco, l’acrilammide è una molecola che evoca una risposta infiammatoria nel corpo, perciò, nelle persone che soffrono di qualche patologia a base infiammatoria (pressoché tutte quelle croniche), la grigliatura sarebbe da limitare con maggiore rigidità. L’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) si è pronunciata nel 2015 nei confronti di questa molecola in modo piuttosto esplicito: “i livelli attuali di esposizione alimentare all’acrilammide per le varie fasce di età destano preoccupazione in relazione ai suoi effetti cancerogeni”. Due anni dopo l’Unione Europea ha richiesto alle industrie alimentare di tenere sotto controllo i livelli di acrilammide negli alimenti che subiscono cotture a base di carboidrati [Regolamento (UE) 2017/2158].
  • Acroleina: se sulla piastra state cuocendo un alimento ricco di lipidi (carne rossa, salmone o altri pesci grassi), dovete essere consapevoli che cotture ad altissima temperatura ne favoriscono la decomposizione in acroleina, molecola volatile che, innanzitutto, prima ancora di essere consumata all’interno del cibo cotto, è tossica per le vie aeree quando viene inalata. Il fumo che si crea durante la grigliatura ne contiene inevitabilmente una considerevole quantità, via via che la cottura prosegue. Questa sostanza è molto reattiva e nell’organismo umano può legarsi a un gran numero di molecole andando a interferire con la loro normale funzione; tra queste, il DNA, espletando dunque un’attività mutagena e cancerogena. Ci sono anche dei primi risultati che mettono in luce una possibile relazione tra la frequente esposizione all’acroleina e malattie neurodegenerative, come il Parkinson.

IPA (idrocarburi policiclici aromatici): è una classe di composti piuttosto ampia che si origina nel cibo sempre ad alte temperature a partire da molecole grasse. Per capire se sul nostro alimento grigliato si sono formati questi composti possiamo guardare la superficie: le striature brune o nerastre che compaiono e le aree più marrone scuro sono senza dubbio piene di IPA. Considerato che è ciò che cerchiamo di ottenere quando cuociamo alla piastra, ce li mangiamo a ogni grigliatura. Uno dei famigerati appartenenti a questa categoria è il benzo[a]pirene. L’IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) lo ha definito senza mezze misure un sicuro cancerogeno, capace di indurre tumori in diverse sedi corporee. Come altri IPA, il benzo[a]pirene si ritrova anche nel fumo di sigaretta o nei fumi di scarico delle automobili, che naturalmente contengono migliaia di altri composti cancerogeni, ma potete considerare la vostra fettina di pollo bruciacchiata come un precursore del tabacco combusto. Oltre alla nota azione tumorale, benzo[a]pirene & Co. fungono da ingannatori del sistema endocrino, cioè del delicato equilibrio ormonale. Nella fattispecie, queste molecole possono mimare l’azione degli ormoni sessuali, potenziandone o bloccandone l’effetto, causando tumori al seno o all’endometrio, problemi di fertilità e alterazioni del ciclo mestruale. Oppure, possono fare lo stesso nei confronti degli ormoni tiroidei e dell’ormone IGF-1, producendo alterazioni metaboliche che possono rappresentare l’anticamera di obesità e malattie correlate, come la steatosi epatica o il diabete.

Questa carrellata deve poi essere completata da tutti quei problemi che la grigliatura presenta a prescindere dalla formazione di questi composti tossici. Ecco i più importanti:

  • Perdita di vitamine e minerali: come già premesso, non esistono cotture che non abbiano un impatto sulla concentrazione di sostanze benefiche negli alimenti riscaldati. Tuttavia, quelle più drastiche ne riducono maggiormente i livelli, specialmente di vitamine e antiossidanti. Questo è dovuto a diversi possibili meccanismi a seconda della molecola considerata (inattivazione, dissoluzione, ossidazione), ma il risultato è il medesimo: rendere priva di funzionalità la vitamina. Le vitamine più colpite da questa decimazione sono la vitamina C (nel caso delle verdure) e alcune vitamine del gruppo B (nel caso di carne e pesce). I minerali sono meno influenzati dalle cotture, anche così spinte, ma in parte vengono dispersi con l’essudazione di succhi, com’è il caso di zinco, selenio o ferro. Le verdure, che concentrano fitonutrienti antiossidanti, sono le più penalizzate da questo punto di vista e buona parte del loro apporto viene perduto, ed è un vero peccato, dal momento che sarebbero molto utili per impedire, almeno parzialmente, la formazione e controbilanciare l’azione tossica di IPA, acrilammide ecc.

Degradazione degli ω-3: i preziosi grassi omega-3 dei pesci grassi come il salmone (ma non sottovalutiamo completamente la loro presenza nella carne di qualità), seguendo il meccanismo illustrato nella sezione precedente, vengono trasformati in sostanze tossiche. Tra l’altro, risultano essere per natura proprio i lipidi più facilmente sensibili a queste modificazioni chimiche. In caso di regimi alimentari per patologie a base infiammatoria, in cui la quantità degli ω-3 risulta essere un requisito fondamentale, la grigliatura è fortemente sconsigliata.

Nubi tossiche in cucina: IPA e acroleina entrano nel nostro corpo in numerose vie, per esempio attraverso i polmoni e gli occhi. Questo significa che la grigliatura (così come la frittura) frequente, se operata all’interno delle mura di casa può risultare inquinante, se non si arieggia bene il locale dove si sta cucinando o non si utilizza una cappa aspirante. L’effetto, come detto in precedenza, non è dissimile da quello del fumo passivo di una sigaretta.

Chi fa un uso piuttosto frequente di questa tipologia di cottura potrebbe ora chiedersi se esista un metodo alternativo, meno nocivo per la salute, ma che permetta di ottenere un risultato organolettico vagamente somigliante. La soluzione, adatta ai meno esigenti tra voi, può essere la funzione “grill” del vostro forno, di norma simboleggiata da una linea a zig-zag nella parte superiore di un quadrato. All’interno del forno ovviamente non sono presenti fiamme, né carboni o piastre, ma la gratinatura avviene dall’alto in modo più controllato grazie a una resistenza apposita. I vantaggi determinanti sono la più lenta formazione di composti tossici e l’assenza di fumi inquinanti, soprattutto in caso di combinazione con la ventilazione. Il sapore affumicato forse sarà un po’ sacrificato, ma avremo minimizzato l’impatto sulla nostra salute.

Se invece proprio non riuscite a fare a meno della grigliatura tradizionale, vi suggerisco di marinare gli alimenti con aceto e limone, in modo che, acidificando e ammorbidendo la carne o il pesce, se ne riduca il tempo di cottura e si limiti la formazione di sostanze cancerogene. Un’altra valida indicazione che posso consigliarvi è di utilizzare largamente, se le gradite, spezie come curcuma e rosmarino, in quanto ricche di sostanze antiossidanti che riescono a prevenire parte della formazione di composti tossici. Infine, una robusta dose di ortaggi come accompagnamento e di frutta a fine pasto possono smorzare, ma non annullare, l’effetto deleterio dell’acrilammide e dei suoi fratelli.

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