“…con le arance, Mediterraneo da mangiare” cantava Mango trent’anni fa, in un brano che celebrava le bellezze del nostro mare e delle terre che vi si affacciano. Dal canto di un nutrizionista, il Mediterraneo non può che rappresentare, però, la culla del regime alimentare più noto al grande pubblico e più studiato dalla ricerca scientifica, che, nel giro di quasi un secolo di pubblicazioni in merito, è stato innalzato a dieta unica e inimitabile per la prevenzione, la longevità e, quindi, la salute dell’uomo. Non sembra esserci nutrizionista che non parli di questa via dietetica come la migliore in assoluto, anche per perdere peso. Anzi, l’UNESCO nel 2010 ha addirittura proclamato questa dieta come patrimonio dell’umanità. Ma l’intento di questo articolo è, come si può capire, far riflettere su questo tipo di comunicazione, veritiera di per sé, sia ben chiaro, ma basata su assunti anacronistici che vi spiegherò di seguito, per i quali al giorno d’oggi l’equazione descritta sopra non funziona più. Inoltre, vi elencherò cosa e quanto mangiare per essere sicuri di seguire una vera dieta mediterranea e non qualche consiglio generico scambiato per l’intero regime alimentare.
Vista la premessa, voglio rassicurare tutti che naturalmente non smonterò i migliaia di studi sulla dieta mediterranea e i suoi benefici grandiosi che apporta. Gli studi sono corretti e i risultati pienamente attendibili. Anzi, partirò proprio da un recente studio per illustrare quanto promesso. Ma come dicevo, non si tratta di un problema insito nel regime, ma di come questo si sia inevitabilmente evoluto ai giorni nostri, snaturandolo dalla sua originale logica. Tanto è vero che, ormai, i Paesi prospicienti il Mediterraneo sono tutt’altro che virtuosi se consideriamo il tasso di obesità e lo paragoniamo a quello di altri Paesi europei: per esempio, i dati indicano che i bambini (e quindi la proiezione ci restituisce un quadro potenzialmente ancora più grave) dell’area mediterranea sono statisticamente i più obesi di Europa. Paradossale.

Per spiegare questa situazione senza smentire la solidità delle ricerche scientifiche, abbiamo due possibilità, probabilmente coesistenti:
- La popolazione mediterranea, e ancora di più le nuove generazioni, hanno abbandonato questo regime riversandosi su un’alimentazione più malsana, noncuranti dei rischi per la salute;
- La divulgazione odierna riguardo la dieta mediterranea è fallace, seppur in buona fede, e dimentica di sottolineare alcuni aspetti un tempo scontati, ora misconosciuti.
Mi soffermo sul secondo punto, perché, a mio avviso, vi si annida il problema maggiore, essendo che per il primo scenario viene a mancare direttamente la volontà di aderire a uno stile di vita sano.
Che cosa viene omesso della dieta mediterranea quando la si racconta al grande pubblico? Innanzitutto la sua storia. Questo regime alimentare, almeno riferendoci unicamente al Bel Paese, viene adottato nel Meridione fin dalla nascita delle prime civiltà per evolversi secolo dopo secolo grazie all’importazione di nuove specie vegetali dalle Americhe e dall’Asia (come i pomodoro o i fagioli). Quando poi viene “scoperta” dalla scienza, negli anni ’50 del secolo scorso, il Sud Italia era popolato prevalentemente da lavoratori della terra e persone con mestieri umili in confronto alla maggiore ricchezza del Settentrione. La quotidianità di queste persone si spendeva nei campi oppure in mare o ancora alle prese con lunghi percorsi da affrontare per altre occupazioni in borghi distanti dal proprio. La stessa vita agreste era completamente diversa da quella di oggi in tecnologia e resa e la popolazione poteva acquistare prodotti locali, di stagione e, di fatto, biologici, perché l’uso dei pesticidi era confinato pressoché solo nel Nord Italia. Sarebbe superfluo ricordarlo, ma non esistevano smartphone e molte altre distrazioni e il momento dei pasti era l’occasione per ritrovarsi insieme, socializzare e condividere cibo ed esperienze, in famiglie che, nella maggior parte dei casi, erano “allargate” e molto accoglienti.

Se diamo uno sguardo alla moderna piramide alimentare (strumento usato dai divulgatori per sintetizzare graficamente le corrette frequenze di assunzione degli alimenti di un regime alimentare) in chiave mediterranea, notiamo che l’intera struttura poggia su basi che esulano dal concetto di dieta in senso stretto e che, guarda caso, coincidono con i concetti evidenziati sopra: movimento, convivialità, prodotti locali e stagionalità. Sono punti che costituiscono letteralmente le fondamenta della dieta mediterranea, ma di cui quasi nessuno parla. Eppure, anche prendendo in considerazione la sua descrizione nella relativa sezione del sito UNESCO, la dieta mediterranea non può essere scissa da tali comportamenti. Detto in altri termini, alimentarsi secondo i dettami della piramide e venir meno a queste pratiche equivale a non seguire l’autentica dieta mediterranea.
In effetti, sul lato nutrizionale, mangiare prodotti locali e di stagione ci permette di avere un maggior controllo su ciò che ingeriamo. Ho accennato al fatto che, all’epoca dell’epifania della dieta mediterranea, pesticidi e affini non erano utilizzati. Al contrario, oggi il loro uso è massiccio nell’agricoltura tradizionale e in altre occasioni ho discusso dei problemi legati alle tracce che permangono su frutta e verdura, specialmente quando i vegetali sono fuori stagione (sono meno resistenti) e destinati alla grande distribuzione (massima resa per abbattere i costi). Acquistare da produttori locali, a km 0 per chi è fortunato, ci permette di essere certi di ciò che stiamo portando in tavola, perché conosciamo con certezza chi coltiva quella mela o quell’asparago che abbiamo portato a casa, specie se l’agricoltore in questione è certificato biologico o biodinamico. Proprio come, involontariamente, erano i contadini del Mezzogiorno negli anni ’50. Non si dimentichi, comunque, che anche i prodotti di origine animale andrebbero selezionati da produttori locali e responsabili e non mi dilungo sulla differenza tra gli allevamenti moderni e le fattorie di una volta.
Frutta e verdura di stagione contengono la massima quantità possibile di nutrienti e antiossidanti rispetto alla frutta colta quando non maturerebbe normalmente (quella di serra) e conservata per settimane, se non mesi, in celle frigorifere, perdendo gusto, benefici e genuinità.
Proseguiamo a questo punto con la lettura della piramide, dal basso verso l’apice.
- Prima delle porzioni dei cibi, viene segnalata la prescrizione “drink water”: bere acqua, solo quella, non è previsto altro, niente bevande zuccherate, niente caffè o tè, niente birra, tranne il vino, rosso, più ricco di polifenoli, al quale è dedicato un rettangolo in cui si avvisa di consumarne con moderazione (ovverosia 1 calice a pasto, anche meno per le donne), in osservanza di eventuali limitazioni sociali o religiose.
- Per ogni pasto principale (o due pasti più uno spuntino) è richiesto di mangiare 1-2 porzione di frutta (cioè tra gli 100 e i 200 g in tutto) e almeno due porzioni di verdura (>200 g). Ma non sempre le stesse, è importante variare i colori, per assicurarsi di assumere più sostanze benefiche possibili, dal momento che, a seconda della tinta di buccia e polpa, possiamo prevedere quali molecole siano più presenti.
- Anche i cereali e i derivati devono trovarsi a tutti i pasti e per una porzione compresa tra i 90 e i 180 g in tutta la giornata. In questo caso la raccomandazione è che le scelte ricadano tutte sull’integrale, che si tratti di pasta, di pane o di cereali in chicchi, proprio come accadeva un tempo.
- La regione centrale della piramide riguarda gli alimenti da consumare tutti i giorni, ma non per forza a ogni pasto. L’olio è certamente uno di questi, tassativamente extravergine di oliva, come condimento da aggiungere in ragione di 30-40 g al giorno. Olio locale, naturalmente, e possibilmente di stagione, cioè ottobre-novembre (anche le olive spesso sono conservate per lunghi tempi per vendere olio tutto l’anno, ci avete mai pensato?).
- Sono 2 o 3 al giorno le porzioni di latticini previste, preferibilmente a basso contenuto di grasso. Alcuni studi dimostrano che il latte intero sia migliore di quello scremato, ma noi ci limitiamo a commentare quanto indicato dalla dieta mediterranea. Viene puntualizzato che una porzione di latte è di 50 ml, così come di yogurt, e per il formaggio è 30 g e per raggiungere le due/tre porzioni si possono combinare le opzioni.
- Dovrebbero essere consumati tutti i giorni frutta secca, semi, olive (oltre all’olio), erbe e spezie (locali, non dell’altro capo del mondo), ma usando meno sale possibile. La piramide parla di 1-2 porzioni quotidiane di 15 g l’una di frutta secca.
- Si passa poi alla parte alta della piramide, riservata ai cibi da consumare ogni tanto durante la settimana. In particolare abbiamo:
- i prodotti della pesca, soprattutto pesci grassi (salmone, tonno, sgombro, acciughe ecc.), da consumare per almeno 200 g alla settimana;
- legumi secchi (fagioli, lenticchie, ceci, piselli ecc.) per almeno 100 g alla settimana o freschi per il doppio del peso;
- 2-4 uova (non certo quelle da galline allevate in gabbia e in batteria) la settimana;
- carne bianca (non hamburger o nuggets) a non più di 200 g la settimana;
- carne rossa fresca (non hamburger, polpettoni, affettati ecc.) sempre entro i 200 g la settimana;
- carne processata (affettati, carne in scatola, hamburger e simili), se c’è, massimo 50 g alla settimana;
- Inoltre, viene specificato che tutti i cereali e derivati ottenuti da farine raffinate (00, 0 o semole non integrali) possono essere aggiunti alla dieta, ma senza superare le 3 porzioni da 60 g l’una, cioè l’equivalente giornaliero dell’integrale.
- Addirittura le patate vengono limitate durante la settimana (in quanto ricche di amido ad alto indice glicemico) a non oltre i 300 g (che possiamo paragonare a 3 patate medie). D’altronde, non sono da confondersi con una verdura qualunque, essendo invece un tubero con proprietà ben diverse.
- Ultimo monito è quello di mantenere i dolci al di sotto dei 50 g la settimana. Non si riferisce alla sola quantità di zucchero, ma all’intera porzione di dessert e vi assicuro che è molto poco (una fetta di crostata e poco più).
Naturalmente, anche se non esplicitato, deve essere chiaro che non possono trovare spazio tutte le preparazioni processate dall’industria alimentare. In altre parole, non sono previsti prodotti da più di 5-6 ingredienti o comunque contenenti strane sigle o nomi sconosciuti.
Ecco, questa è la vera dieta mediterranea. Ovviamente le porzioni devono essere riviste sulla base di ogni soggetto per caratteristiche anagrafiche (la piramide, tra l’altro, si rivolge a un pubblico adulto e non ultrasettantenne, per il quale queste indicazioni nutrizionali non sono più adeguate), fisiche e attività sportiva praticata. Ma il succo rimane questo.
Immagino che, mentre leggevate l’articolo, steste confrontando porzioni, frequenze e indicazioni rispetto alle vostre abitudini e a quanto sapevate già al riguardo. Immagino anche che nessuno di voi stia seguendo questa dieta così come ve l’ho presentata (nel caso, scrivetemelo nei commenti), eppure la sua divulgazione è onnipresente. Ma approssimativa, edulcorata e annacquata, se vogliamo per le necessità dei tempi e degli spazi della stessa divulgazione, ma tant’è.
E così, pur avendo studi che mettono in luce correlazioni magnifiche tra dieta mediterranea (quella vera) e salute, non vediamo risultati pratici nelle popolazioni che la dovrebbero (o vorrebbero) seguire.
In effetti, contravvenendo anche solo a una delle basi, l’esito sarebbe ben diverso: senza attività fisica, per esempio, si rischiano di mangiare troppe calorie e troppi carboidrati stando alla piramide descritta.
Per questo, trovo che sia fondamentale fare chiarezza su cosa sia veramente la dieta mediterranea, senza compromessi, se l’obiettivo politico (condivisibile) è quello di divulgarla per il futuro sanitario e ambientale. Probabilmente servirebbe prima rivedere i sistemi alimentari mondiali, per rendere più comode e meno anacronistiche certe abitudini, ma questo è un altro discorso.
[Fonte: “Mediterranean Diet Pyramid: A Proposal for Italian People. A Systematic Review of Prospective Studies to Derive Serving Sizes”, D’Alessandro A. et al., Nutrients, 2019; DOI: https://doi.org/10.3390%2Fnu11061296]