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Il tessuto adiposo bruno
  • Categoria dell'articolo:Fisiologia
  • Tempo di lettura:5 minuti di lettura

Non tutto il tessuto adiposo vien per nuocere. Anche se popolarmente si pensa a questo compartimento corporeo come a un deposito di grasso inerte, questo non è del tutto vero, perché esistono tre tipi diversi di tessuto adiposo con differenti attività metaboliche. Quello bianco (WAT) è deputato effettivamente allo stoccaggio dei trigliceridi, la forma con cui il nostro corpo conserva il grasso, ma accanto a esso esiste anche il tessuto adiposo bruno (BAT) che, al contrario, presenta tante funzioni esclusive, fra cui quella di fornire calore bruciando il grasso del WAT, in un meccanismo che, teoricamente, può condurre alla perdita di peso; è poi presente un tessuto adiposo beige, con caratteristiche intermedie. Una revisione sull’argomento mi aiuta a riassumere brevemente quanto il BAT sia un alleato per la salute e il mantenimento di un peso corporeo corretto.

Dobbiamo innanzitutto fare una premessa: il tessuto adiposo bruno è poco espresso nell’uomo adulto, mentre lo è molto di più nei neonati, stimolandone il mantenimento della temperatura corporea dopo la nascita. Gli uomini, poi, ne posseggono meno rispetto alle donne. Nonostante questo, all’interno del WAT sono raggruppate anche cellule appartenenti al tessuto adiposo beige, in grado di differenziarsi in adipociti bruni. Questo passaggio biologico può essere stimolato in vari modi e attualmente rappresenta una linea di ricerca molto florida, anche in ottica farmacologica (come dimostra quest’altro recentissimo articolo uscito su Nature: https://doi.org/10.1038/s41467-021-22925-3).

Ma quali sono le proprietà benefiche del BAT?

Il BAT contiene adipociti morfologicamente diversi da quelli del tessuto adiposo bianco: sono infatti ricchi di mitocondri (gli organelli in cui si svolgono le reazioni energetiche della cellula) che esprimono una proteina particolare, detta UCP1, che consente la dispersione dell’energia in calore. Questa operazione antieconomica nei confronti dei substrati energetici determina una termogenesi diversa da quella offerta dal brivido, che invece richiede la contrazione dei muscoli associati ai bulbi piliferi della pelle. Appare fin da subito chiaro che uno degli stimoli più importanti alla proliferazione di questa versione del tessuto adiposo sia l’esposizione al freddo, come dimostrato sperimentalmente da vari studi su topi. Il freddo attiva così il differenziamento di adipociti bruni “dormienti” in cellule brune attive. Il risultato finale è un consumo alternativo dei trigliceridi senza conservazione di energia chimica (in ATP) e, quindi, una possibilità utilizzare velocemente le scorte di grasso. Viceversa, quando non si è sotto stress termico le proteine UCP1 sono inibite e l’intero meccanismo non si verifica.

L’esposizione al freddo che innesca l’attività del tessuto adiposo bruno è anche responsabile di un miglioramento nel profilo glicemico e insulinico. In effetti, il BAT ha un’alta capacità di assorbimento del glucosio ematico, addirittura più alta del WAT, e un’efficientissima capacità della sua ossidazione; una proprietà simile è stata verificata anche per la captazione degli acidi grassi dal circolo sanguigno. In questo caso, il risultato è di abbassare la glicemia e la lipidemia in soggetti esposti al freddo. Sembra poi che sia un organo secretore di ormoni diversi da quelli del tessuto adiposo bianco, come fattori antinfiammatori che promuovono un aumento della sensibilità all’insulina (come la neuregulina 4) e proteggono da accumuli lipidici anomali nel fegato, causa di steatosi epatica.

Compresa l’importanza del BAT nell’uomo, bisogna specificare che, come più volte ribadito sopra, in condizioni termiche neutrali e calde, non si rileva una presenza significativa di questo tessuto, prevalendo quasi totalmente il WAT. Ne consegue che se si vuole aumentare il BAT per scopi preventivi o terapeutici nelle condizioni di sovrappeso, obesità o addirittura diabete, si deve intraprendere un percorso di regolare esposizione a temperature fredde a lungo termine, per consentire una sostituzione di parte del WAT in BAT. Purtroppo, comunque, non è ancora chiaro se gli adipociti bruni possano mantenersi nel tempo (e quanto eventualmente) una volta differenziati. In qualsiasi caso, sessioni di crioterapia o delle banali docce fredde possono essere potenti mezzi per stimolare il BAT, così come abbassare il riscaldamento in inverno o comportamenti simili.

Ci sono però nuove evidenze che indicano come anche l’esercizio fisico possa indurre variazioni ormonali tali da permettere l’”imbrunimento” del WAT. Infine, come dicevo anche sopra, sembra un promettente bersaglio farmacologico per il trattamento dell’obesità, ma se esiste un metodo fisiologico per evitarlo, sarà sempre preferibile.

[Fonte: “Brown Adipose Tissue Heterogeneity, Energy Metabolism, and Beyond”, Shinde A.B. et al., Frontiers in Endocrinology, 19 aprile 2021; https://doi.org/10.3389/fendo.2021.651763]

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