Mentre l’Europa si appresta a lanciare gli insetti come cibo del futuro (nel momento in cui scrivo la Commissione Europea ha approvato per il consumo umano due specie: la tarma della farina e la locusta migratoria, ma sono previste altre autorizzazioni nell’immediato futuro), il dibattito si accende. Da un lato le ragioni rispettabili di cercare una fonte di proteine a basso costo, facilmente allevabile e più sostenibile degli allevamenti intensivi di animali da macello, dall’altro una discreta repulsione atavica nei confronti di queste creature (almeno per noi europei) e le perplessità sul piano della loro valenza nutrizionale. Non voglio espormi sugli aspetti socioeconomici e ambientali, ma mi sento di poter trattare, a ragion veduta, almeno i risvolti alimentari e di salute.
Partiamo con l’enunciare l’analisi bromatologica (la composizione nutrizionale) degli insetti.
Anche se ogni specie presenta delle differenze in termini di nutrienti, come accade per le carni e i prodotti ittici, per esempio, possiamo estrapolare dagli studi di settore alcuni punti in comune. Il contenuto in proteine e in fibre è sicuramente quello che più si conosce ed è anche la ragione principale della grande attenzione ricevuta da questo “novel food”. In effetti, il quantitativo proteico supera anche del doppio quello della carne (con oscillazioni a seconda della specie considerata), il che significa essere la fonte animale con la più alta concentrazione in assoluto. Tra gli amminoacidi, cioè gli elementi più semplici che formano le proteine, troviamo una buona presenza di quelli essenziali, che noi umani non siamo in grado di costruire da soli, mentre la fibra più rilevante, la chitina, che costituisce l’esoscheletro di questi animali, si attesta attorno al 5%.
Ciò che forse è meno noto è che gli insetti rappresentano una fonte non indifferente di minerali, di cui spiccano il magnesio, il ferro e lo zinco, molto utili per la salute della donna e durante la crescita. Le vitamine invece latitano, sono ricchi per lo più solo di acido folico (vitamina B9). Ma non finisce qui, poiché il loro rivestimento esterno contiene anche lipidi preziosi come gli acidi grassi essenziali ω-3 (acido linolenico) e altri grassi monoinsaturi come l’acido oleico, esattamente lo stesso reperibile anche nell’olio di oliva, di cui sappiamo le proprietà benefiche.
Visti sotto questa lente potremmo concludere che gli insetti siano praticamente dei “superfood”. Ma vi invito a una riflessione, quella che più di tutte pesa sulle mie conclusioni: nessuno (mi auguro) mangerà queste bestiole prelevandole dal muro di casa e ingoiandole in un sol boccone. Voglio dire che questi animali dovranno essere necessariamente presentati in una maniera tale da invogliarne il consumo, che, a oggi, significa o friggerli interi (magari senza arti e ali) o decomporli a farine e polveri. Il risultato è che la maggior parte di quelle sostanze nominate sopra subirà una perdita consistente o un’alterazione che ne farà calare inevitabilmente la quantità o la biodisponibilità. In più, il fritto porta con sé altri problemi che probabilmente conoscete già. Le farine e le polveri hanno invece un altro difetto: sono alimenti ultra-processati e, con loro, i prodotti che utilizzeranno questi ingredienti nella loro preparazione (del resto, dubito che qualcuno le userà mai per impastarci la pizza o gli gnocchi a casa propria). Sapete quanto ho discusso su come la qualità degli alimenti freschi sia alla base di un’alimentazione veramente sana (se non lo sapete guardate qua: Alimenti ultraprocessati Archivi – Simone Marchi) e, se ora l’Europa vuole indirizzarci all’entomofagia perché la pratica salverà l’ambiente, difficilmente difenderà anche la nostra salute con la sua adozione. A meno che non siamo già abituati a mangiare carne, pesce, latticini e legumi esclusivamente in prodotti surgelati e preparazioni industriali.
C’è un’altra criticità da indagare in futuro, il potenziale allergenico di questa nuova categoria alimentare, che è stato valutato da parte di EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), allertando i soggetti allergici a crostacei, molluschi e alla polvere (acari) a possibili episodi di cross-reattività (un fenomeno per cui il sistema immunitario riconosce e reagisce a proteine molto simili strutturalmente agli allergeni veri e propri). Potrebbe però non essere sufficiente questa raccomandazione perché, specialmente in popolazioni non avvezze agli insetti, le molecole in grado di scatenare manifestazioni allergiche potrebbero essere più numerose, ma tanto dipende dalle specie e dalle modalità di cottura degli insetti. Si dovranno attendere ricerche più approfondite su popolazioni europee.
Un’ultima perplessità riguarda i rischi tossicologici, non dovuti agli insetti di per sé, ma per il fatto che essi possano essere veicolo di contaminanti pericolosi per la salute umana. Parliamo di metalli pesanti e residui di pesticidi, che le bestiole possono accumulare attraverso il mangime utilizzato durante il loro allevamento. Secondo alcuni studi, la possibilità non è così remota, seppur dipenda dalla qualità originale del nutrimento usato. Ma ancora, emergono dubbi per la possibile trasmissione di batteri e parassiti. Va detto che cotture e abbattimenti riducono i rischi e che i campioni analizzati in diversi studi non hanno mostrato patogeni conclamati per l’uomo a concentrazioni preoccupanti, ma quasi sempre è stata rilevata la presenza di un gran numero di specie microbiche, che possono avere un impatto sul nostro microbiota ancora non ben chiaro. Inoltre, potrebbero permanere spore batteriche nonostante i processi tecnologici messi in atto. Un discorso simile vale per i parassiti (sia di altri animali che dell’uomo), di cui è stata comprovata la presenza in alcuni campioni, ma solo di insetti crudi. Sarà molto importante per questi motivi fare attenzione all’intera filiera degli insetti, ai metodi di allevamento e ai mangimi specifici, nonché ai processi tecnologici successivi alla morte degli esemplari, per poter garantire sempre la massima sicurezza sotto il profilo tossicologico.
E a questo punto possiamo affermare che varrà la pena puntare forte sugli insetti sulle nostre tavole dal punto di vista nutrizionale? Credo di avervi dato diversi spunti su cui ragionare. Per quello che mi riguarda, la risposta è no. Ma non è un rifiuto assoluto, lo è se le politiche iniziassero ad avviare massicce campagne di sensibilizzazione perché le polveri di insetti diventino una nuova abitudine alimentare, in nome della sola sostenibilità ambientale, sfavorendo ancora una volta il cibo vero.
Magari sono tutte illazioni. Ma, nel caso, io vi ho informato.
[Fonti: “Safety of frozen and dried formulations from migratory locust (Locusta migratoria) as a Novel food pursuant to Regulation (EU) 2015/2283”, EFSA Journal, 2021, 10.2903/j.efsa.2021.6667; “Allergens from Edible Insects: Cross-reactivity and Effects of Processing”, De Marchi L. et al., Current Allergy and Asthma Reports, 2021, https://dx.doi.org/10.1007%2Fs11882-021-01012-z; “Food Safety Issues Related to Uses of Insects for Feeds and Foods”, Van Der Fels-Klerx H.J. et al., Comprehensive Reviews in Food Science and Food Safety, 2018, https://doi.org/10.1111/1541-4337.12385]